Mon ami François Simon nous présente un commentaire du poète sicilien Salvatore QUASIMODO.
Je ne connaissais pas jusqu'à ce jour cet auteur, au delà mon ignorance, Salvatore Quasimodo ( plus d'info sur ce lien) a obtenu le Prix Nobel de littérature 1959, il est un des égaux de Mistral, bien dans son siècle, sous d'autres cieux, surtout dans un monde plus cruel... plus bestial!
Je fais confiance au choix de François & surtout à son fin commentaire pour vous inciter à connaître cette oeuvre...
"Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
-t'ho visto- dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T'ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
quando il fratello disse all'altro fratello:
"Andiamo ai campi". E quell'eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
-t'ho visto- dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T'ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
quando il fratello disse all'altro fratello:
"Andiamo ai campi". E quell'eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.
Salvatore QUASIMODO, Giorno dopo giorno. 1947
Certo, Salvatore Quasimodo, nato a Modica (Ragusa) il 20 agosto 1901, e morto a Napoli il 14 giugno 1968, è fra i più noti poeti italiani contemporanei. Famoso nel mondo intero, grazie anche al Premio Nobel che gli venne attribuito nel 1959. Diceva di aver scritto le sue prime poesie percorrendo le strade polverose della Sicilia, a bordo di una vecchia macchina spossata. Poi, con le poesie in tasca come unico bagaglio, si reco' sul continente. Trovo' un impiego di geometro nella pubblica amministrazione, e cosi' ebbe da lavorare nel Genio civile in diverse regioni d'Italia. Nel '21, a Milano, inizio' studi letterari, con particolare interesse al greco. . Riviste di poesia, quale "Solaria", accolgono i suoi versi. La sua prima opera, "Acque e Terre", del 1930, venne subito ammirata.
Nel 1938, lascia il suo lavoro di opere pubbliche e decide di dedicarsi solo alla creazione letteraria. Redattore al settimanale "Tempo", viene nominato nel '41 professore di letteratura italiana al Conservatorio musicale Giuseppe Verdi di Milano.
Oltre "Acque e Terre", troviamo poche ma dense opere nella produzione di S. Quasimodo:
- "Oboe sommerso" (1932),
- "Odore di eucaliptus ed altri versi" (1942),
- "Giorno dopo giorno" (1947), "La vita non è un sogno" (1949),
- "Il falso e il vero verde" (1953).
Varie traduzioni dal greco, di Shakespeare, di Molière, il Vangelo secondo Giovanni.,Pablo Neruda , ecc.. Nel 1958, per "La terra impareggiabile" gli viene assegnato il premio Viareggio. Nel '53 era stato premiato, assieme con Dylan Thomas, con l'Etna-Taormina.
All'inizio la sua era una poesia eccessivamente spoglia, concentrata, astratta, a volte preziosa,in cui il barocchismo intellettuale, assai seducente nel campo della ricerca puramente verbale, testimonia di una crispazione interna che solo puo' sciogliere la pratica di una lingua liberata da ogni artificio. Ricordiamo cosi' la svolta di questa limpida poesia del 1942:
"Ed è subito sera":
"Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera".
"Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera".
Questa solitudine nata dai fondamenti psichici ed essenziali dell'individuo viene rimessa in causa dalle vicende storiche attraversate dal poeta, senza alterare la linea fondamentale del suo lavoro: la lotta per la liberazione della patria si confonde con quella della libertà dell'individuo. C'è speranza in quella tematica nonostante le atrocità di cui testimonia.
Cosi', quando il Poeta punta l'indice contro l'uomo contemporaneo, quale un giudice in tribunale, dimostra che tra le bestie feroci che popolavano la terra e l'uomo che vi apparve milioni d'anni fa, non c'era nessuna differenza per quanto riguarda la spietata crudeltà. La belva era in noi, ed è ancora presente nell'uomo del XX° secolo. Le armi sono cambiate: dalla pietra e la fionda, siamo arrivati agli aerei (la carlinga) che bombardano ciecamente, con le "meridiane di morte" cioè i collimatori per mirare gli obiettivi. Cosi' il "carro di fuoco", espressione apocalittica dei cingolati. E le "forche", le "ruote di tortura" evocano una violenza piuttosto medioevale, anche se l'inventività dell'uomo nel campo della tortura risale all'antichità più remota. Cosi' Quasimodo allude quasi ironicamente alla "scienza esatta" dei nazisti convinti della necesssità "scientifica" di eliminare le cosidette "razze inferiori,", il che non solo era una teoria assurda, ma che andava contro la visione della solidarietà e dell'uguaglianza di tutto il genere umano - e che si estende a tutti gli esseri e al loro ambiente- come lo simboleggia la parola di Cristo e il suo messaggio d'amore.
Pero' l'uomo vive con il mito del primo omicidio (Caino ed Abele) e da generazione a generazione si ripete codesta maledizione. Fino alla nostra "giornata", cioè al cuore della nostra fin troppo breve vita ("ed é subito sera").
A quel punto si rompe il ritmo di quella ripetuta trasmissione, attraverso i secoli, di quella assurda violenza. Il poeta si erge contro la tradizione che tramanda da generazione a generazione la sete di vendetta. Era quasi impossibile, alla fine della Seconda guerra modiale, raccomandare l'obblio. Lo spettacolo delle stragi, dei campi di concentramento, delle scorrerie dei nazifascisti, il sangue insomma era presente ovunque. Per lo meno si voleva testimoniare, ricordare ad ogni costo, e soprattutto MAI dimenticare.
Ancora oggi chi volesse cancellare quella violenza verrebbe sospettato di negazionismo. Per rompere il circolo vizioso strage/vendetta, tramandato da padre a figlio, si tratta per Quasimodo di procedere ad una trasformazione totale, fondamentale dell'uomo, a una verifica critica dei suoi miti, per stabilire un'esistenza fondata non sul culto dei morti,ma sull'amore della vita.
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