lundi 28 juillet 2014

Dante Alighieri - François Simon : Paradiso - canto primo








François Simon , collaborateur de Marsyas2, ami de Nicola Dal Falco.... il nous le présenta, ... il fut mon ami, si le paradis existe, qu'il y soit, il sera au panthéon de nos amitiés...

Longo Maï ...


*+*+*



Canto 1

La gloria di colui che tutto move 
per l’universo penetra, e risplende
in una parte più e meno altrove.                                       3

Nel ciel che più de la sua luce prende
fu’ io, e vidi cose che ridire
né sa né può chi di là sù discende;                                 6

perché appressando sé al suo disire,
nostro intelletto si profonda tanto,
che dietro la memoria non può ire.                                  9

Veramente quant’io del regno santo
ne la mia mente potei far tesoro,
sarà ora materia del mio canto.                                      12

O buono Appollo, a l’ultimo lavoro
fammi del tuo valor sì fatto vaso,
come dimandi a dar l’amato alloro.                               15

Infino a qui l’un giogo di Parnaso
assai mi fu; ma or con amendue
m’è uopo intrar ne l’aringo rimaso.                                18

Entra nel petto mio, e spira tue
sì come quando Marsia traesti
de la vagina de le membra sue.                                     21

O divina virtù, se mi ti presti
tanto che l’ombra del beato regno
segnata nel mio capo io manifesti,                                24

vedra’mi al piè del tuo diletto legno
venire, e coronarmi de le foglie
che la materia e tu mi farai degno.                                 27

Sì rade volte, padre, se ne coglie
per triunfare o cesare o poeta,
colpa e vergogna de l’umane voglie,                             30

che parturir letizia in su la lieta
delfica deità dovria la fronda
peneia, quando alcun di sé asseta.                              33

Poca favilla gran fiamma seconda:
forse di retro a me con miglior voci
si pregherà perché Cirra risponda.                                36

Surge ai mortali per diverse foci
la lucerna del mondo; ma da quella
che quattro cerchi giugne con tre croci,                         39

con miglior corso e con migliore stella
esce congiunta, e la mondana cera
più a suo modo tempera e suggella.                             42

Fatto avea di là mane e di qua sera
tal foce, e quasi tutto era là bianco
quello emisperio, e l’altra parte nera,                            45

quando Beatrice in sul sinistro fianco
vidi rivolta e riguardar nel sole:
aquila sì non li s’affisse unquanco.                               48

E sì come secondo raggio suole
uscir del primo e risalire in suso,
pur come pelegrin che tornar vuole,                              51

così de l’atto suo, per li occhi infuso
ne l’imagine mia, il mio si fece,
e fissi li occhi al sole oltre nostr’uso.                             54

Molto è licito là, che qui non lece
a le nostre virtù, mercé del loco
fatto per proprio de l’umana spece.                               57

Io nol soffersi molto, né sì poco,
ch’io nol vedessi sfavillar dintorno,
com’ferro che bogliente esce del foco;                          60

e di sùbito parve giorno a giorno
essere aggiunto, come quei che puote
avesse il ciel d’un altro sole addorno.                           63

Beatrice tutta ne l’etterne rote
fissa con li occhi stava; e io in lei
le luci fissi, di là sù rimote.                                               66

Nel suo aspetto tal dentro mi fei,
qual si fé Glauco nel gustar de l’erba
che ‘l fé consorto in mar de li altri dèi.                           69

Trasumanar significar per verba
non si poria; però l’essemplo basti
a cui esperienza grazia serba.                                        72

S’i’ era sol di me quel che creasti
novellamente, amor che ‘l ciel governi,
tu ‘l sai, che col tuo lume mi levasti.                              75

Quando la rota che tu sempiterni
desiderato, a sé mi fece atteso
con l’armonia che temperi e discerni,                           78

parvemi tanto allor del cielo acceso
de la fiamma del sol, che pioggia o fiume
lago non fece alcun tanto disteso.                                  81

La novità del suono e ‘l grande lume
di lor cagion m’accesero un disio
mai non sentito di cotanto acume.                                 84

Ond’ella, che vedea me sì com’io,
a quietarmi l’animo commosso,
pria ch’io a dimandar, la bocca aprio,                           87

e cominciò: «Tu stesso ti fai grosso
col falso imaginar, sì che non vedi
ciò che vedresti se l’avessi scosso.                              90

Tu non se’ in terra, sì come tu credi;
ma folgore, fuggendo il proprio sito,
non corse come tu ch’ad esso riedi».                           93

S’io fui del primo dubbio disvestito
per le sorrise parolette brevi,
dentro ad un nuovo più fu’ inretito,                                 96

e dissi: «Già contento requievi
di grande ammirazion; ma ora ammiro
com’io trascenda questi corpi levi».                              99

Ond’ella, appresso d’un pio sospiro,
li occhi drizzò ver’ me con quel sembiante
che madre fa sovra figlio deliro,                                     102

e cominciò: «Le cose tutte quante
hanno ordine tra loro, e questo è forma
che l’universo a Dio fa simigliante.                               105

Qui veggion l’alte creature l’orma
de l’etterno valore, il qual è fine
al quale è fatta la toccata norma.                                   108

Ne l’ordine ch’io dico sono accline
tutte nature, per diverse sorti,
più al principio loro e men vicine;                                  111

onde si muovono a diversi porti
per lo gran mar de l’essere, e ciascuna
con istinto a lei dato che la porti.                                   114

Questi ne porta il foco inver’ la luna;
questi ne’ cor mortali è permotore;
questi la terra in sé stringe e aduna;                            117

né pur le creature che son fore
d’intelligenza quest’arco saetta
ma quelle c’hanno intelletto e amore.                          120

La provedenza, che cotanto assetta,
del suo lume fa ‘l ciel sempre quieto
nel qual si volge quel c’ha maggior fretta;                   123

e ora lì, come a sito decreto,
cen porta la virtù di quella corda
che ciò che scocca drizza in segno lieto.                     126

Vero è che, come forma non s’accorda
molte fiate a l’intenzion de l’arte,
perch’a risponder la materia è sorda,                          129

così da questo corso si diparte
talor la creatura, c’ha podere
di piegar, così pinta, in altra parte;                                132

e sì come veder si può cadere
foco di nube, sì l’impeto primo
l’atterra torto da falso piacere.                                        135

Non dei più ammirar, se bene stimo,
lo tuo salir, se non come d’un rivo
se d’alto monte scende giuso ad imo.                         138

Maraviglia sarebbe in te se, privo
d’impedimento, giù ti fossi assiso,
com’a terra quiete in foco vivo».

Quinci rivolse inver’ lo cielo il viso.                                142



                                                                                 *+*+*




samedi 26 juillet 2014

C. TRANCHAND. : MA MIRÈIO - A ma femo.








MA MIRÈIO 



A ma femo. 


A li péu blound, un èr couquin, de grands iue blu, 
Es blanco coume un iéli e prendrias si bouqueto 
Pèr un grafiéu. Quand sa grand ié dis de sourneto, 
Sèmblo que béu de mèu, pièi, countènto à noun plus, 
Sutran, autour dóu còu ié passo si maneto, 
Mounto sus si geinoun, la poutóunio, la mord, 
Elo se laisso faire, e se voulèn alor 
Ié dire que n'i'a proun, la mignoto amigueto, 
Nous ris d'un tant bon goust e nous parlo tant dous 
Que sentèn s'esvali touto nosto coulèro. 
Iéu la beve dis iue, tu, te sèntes trop fièro, 
La manjan de poutoun e tóuti sian urous. 
Es la flour de printèms qu'embaumo nosto vido! 
Es lou rai de soulèu que found li nivoulas, 
Que coucho lou malur, que vuejo, quand sian las, 
L'esperanço e l'amour dins nosto amo passido. 
Es lou gréu que s'espeto e flouris noste oustau! 
E se voulié pourta la luno en soun faudau 
Ni quant vau ni quant costo, agantarian la luno... 
Mai uno cardelino engabindo, se dis 
Que noun canto en estènt souleto au tord dóu nis: 
Ah! pèr l'ausi canta meten n'i'en encaro uno! 





C. TRANCHAND



. 

jeudi 24 juillet 2014

Peise : LEIS PASTRES ET L’ARET








LEIS PASTRES ET L’ARET 


FABLO 
Dediado eis Électours qu’an pas la voyo de voutar. 



L’autre matin après l’eigagno, 
Dous pastrilhouns si mettien en campagno 
Per faire paisse seis moutouns. 
L’un preferavo anar dins leis valouns 
Et l’autre aimavo mies escalar la mountagno. 
Ah! n’en gasteroun de resouns 
Mai que n’aurien pouscu n’en gastar vingt femellos! 
Après miech’ houro de querellos, 
Siegueroun autant avança 
Qu’au moument qu’avien coummença. 
Un deis dous qu’avie proun de tout aquest’auvari 
Diguet: — Faguem ben miès, counsurtem lou bestiari, 
Selon ce que decidara 
Se virarem dau caire que voudra, 
Et finirem ensin nouastreis chicanos. 

Tant fa, tant va! appelloun au counseou 
Un vieilh aret qu’à l’oumbro de seis banos. 
Fasie la radasso au souleou. 
- Tu qu’as de sen, l’ami, decido aquesto affaire, 
Et piei farem ce que diras de faire. 
— Tant nous ploou, dis l’aret, davant coumo darrie! 
Qu’anem dins lou valoun vo dessus la mountagno, 
Qu’aguem l’oumbro d’un pin vo ben d’uno baragno, 
Per lou troupeou tout acot es parie; 
Perque nous derangear? va sabez ben d’avanço, 
Serve de ren de tant nous counsurtar.
N’a ben proun que pagam leis vioulouns per la danso, 
Es ben lou men que nous leissez estar! 

Electours dourmious, alors que vouastreis pastres 
Venoun vous demandar de li dounar la man 
Per empachar de vols, de crimes, de desastres, 
D’haut! d’haut! revilhas vous, leis leissez pas en plan, 
Car leis loups douarmoun pas; au found de seis tanièros, 
Leis frèros, leis amis, alin tenoun counseou 
Et cercoun lou mouyen de v’espaussar leis nièros 
Quand fes, coumo l’aret, la radasso au souleou. 


- - - 



mardi 22 juillet 2014

P. Bigot : LOU VARLET SÈNS PIETA





LOU VARLET SÈNS PIETA 
(Parabole du Serviteur Impitoyable) 



Me souvène qu’un vèspre, en sourtènt de l’escolo, 
Un que legissié’au libre, e ié disien Matiéu, 
D’un moustas me faguè toumba dins la regolo, 
E pamens, de segu, i’avièi pas rèn fa, iéu. 

Ma grand que m’esperavo au pas de nosto porto, 
Pechaire! aguè lèu vist qu’avièi quauque chagrin. 
-Eh! de qu’as, moun bèu droule? E dins mi pèu bloundin, 
Passè si det frounzi coumo de fuieo morto.

-Un di grand m’a pica, pièi s’es encouri, vai, 
Bouto, deman matin aurai uno catouno, 
E zou!... m’a batu iuei, deman me venjarai. 
-Moun fil, diguè ma grand, te venges pas, perdouno. 

Escouto aquesto istòri. Es Jesus en persouno 
Que la disié’autour d’el. Coumo fas, Diéu fara, 
Se perdounes, un jour Diéu te perdounara.

Un Rèi voulié regla si comte 
Emé si baile e si varlet. 
Zou! qu’un davale e l’autre monte, 
Venien coumo la boulo au le. 
Un, quand lou Rèi l’agué fa béure,

I’espinchèron si papié, pièi, 
Lou Rèi à logo de ié déure, 
Es lou varlet que devié’ au Rèi. 

S’èro endéuta, save pas coumo, 
Sai que devié s’adouna au jo, 
E coumo èro uno grosso soumo, 
Lou Rèi en coulèro d’acò, 
Ço dis: -As proun fa bono vido, 
E moun argènt me fai besoun. 
Zou! recors, fasès-ié sesido! 
Gendarmo, metès-lou ‘n presoun! 

Lou varlet, tant sa peno es grando, 
Plouro, se derrabo li pèu, 
En sousclant, à grand cris, demando 
De tèms pèr paga ço que déu. 
Parlè de touto sa rabasto, 
De sa fenno, de sis enfant... 
Lou Rèi, qu’èro de bono pasto, 
Lou Rèi ié dounè soun vatan. 

L’autre, sèns demanda soun rèsto, 
Dis gramecis, saludo e part. - 
Quand es deforo, ausso la tèsto, 
Devisto un paure ome à l’escart 
Que marcho en rasclant li muraio. 
Noste varlet ié part dessus, 
Ié mando la man à la gaio: 
-Me deves, pago-me, vièl gus! 

Aqueste, en tramblant ié fai: -Vejo, 
Camarado, te deve, es vrai, 
Perdras pa’ ‘n sòu, ai bono envejo, 
Emé lou tèms te pagarai, 
Espèro-me jusqu’i segado... 
-Me fau d’argènt aro, o senoun 
À l’oumbro, à l’oumbro, camarado! 
E lou faguè metre en presoun. 

De baile l’aguèron lèu prèsto. 
Se passejavon cinq o sièis, 
Veguèron touto la batèsto:
Vite, anèron tout counta au Rèi. 
Aqueste, endinna, mandè querre 
Cp sur cop, lou varlet sèns cur, 
E ié diquè ‘nsin: -Marrit ferre! 
Rascassot! Double ustansihur! 

Me deves e iéu te fau graço, 
Tus fas pas graço à quau te déu! 
Bouto, te vau metre à ta plaço, 
Quau tiro d’aigo, eici, la béu. 
An! d’aut! au cachot! Dous gendarmo 
Ié pausèron la man dessus. 
Aguè bèu à toumba de larmo: 
Lou Rèi lou perdounè pas pus. 

-Se Matiéu t’a pica, qu’un autre lou saboune, 
Tus, ié vogues pas mau. Coumo fas, Diéu fara: 
Se perdounes, un jour Diéu te perdounara. 
Aima, toujour aima... Fau pas qu’acò t’estouno, 
Diéu a pas d’autro lèi, pleguen-ié noste cur. - 
-Ma grand, perdounarai pèr que Diéu me perdoune... - 
E ma grand m’embrassè, plourouso de bonur. 


dimanche 20 juillet 2014

N. dal Falco : Miti ladini delle Dolomiti – Enrosadira







Enrosadira
Otto artisti per un libro
Opere di Adalberto Borioli, Elisabetta Casella, Paolo Dolzan, Piermario Dorigatti, Gaia Gianardi, Paolo Facchinelli, Filip Moroder Doss, Luciano Ragozzino

7-21 agosto 2014
Salone delle Dame, Parkhotel Laurin 
via Laurin, 4
Bolzano

«L’Enrosadira è il rosseggiare delle cime che, in determinate condizioni di aria e di luce (al tramonto), incendia le pareti coralline delle Dolomiti.
Allora, i Monti isole, remoto arcipelago, bagnato dalla Tetide, tornano ad essere ciò che erano, non solo monti pallidi, ma luoghi vestiti dal mito».
Così si legge nell’introduzione del catalogo che riunisce le sedici opere su carta - acqueforti, xilografie, disegni, acquarelli - che otto artisti hanno dedicato al terzo volume dei Miti ladini delle Dolomiti, edito dall’Istitut Ladin Micurà de Rü e da Palombi Editori.
Il tema è appunto l’Enrosadira, epifania del tempo promesso che appartiene al più antico repertorio immaginifico delle Dolomiti. Sull’immagine di un fuoco che, periodicamente si riaccende, scaturendo dal ventre delle montagne, si è innestata un’altra immagine molto più recente, quella del giardino delle rose.
Il libro, Miti ladini delle Dolomiti – Enrosadira scritto da Nicola Dal Falco con le glosse e il saggio Le rose del ricordo di Ulrike Kindl affronta l’intero corpus di storie, compreso il carme alto tedesco dove si narra del duello tra Teodorico da Verona e di Laurin, il re dei Monti cavi. 
Lo scopo è quello di sbrogliare la matassa, ristabilendo l’ordine della narrazione.
La mostra, aperta dal 7 al 21 agosto, sarà ospitata, grazie alla disponibilità di Franz Staffler, proprietario del Parkhotel Laurin e grande collezionista d’arte, nel Salone delle Dame, a due passi dal ciclo di affreschi, eseguiti nel 1911 da Bruno Goldschmitt che orna il Laurin Bar.

Inaugurazione della mostra e presentazione del libro Miti ladini delle Dolomiti – Enrosdira: giovedì 7 agosto 2014, ore 18.



Orari d’apertura della mostra: tutti i giorni, dalle 10 alle 22







vendredi 18 juillet 2014

Peireto Berengie : Escriéure & Lis escrituro couneigudo








Escriéure

Escriéure,
saupre e faire saupre

Toumaï pièi Lucìo cridavon. Si felen parlèron. Pousquèron ansin escambia (ordre, idèio, sentimen). Li felen de si felen aguèron idèio de faire de signe sus l’areno molo, sus li roco en s’ajudant de pèiro duro pèr rascla. Li sabèn pas coumprene (Valèio di Meraviho, dins lou Mercantour, pèr eisèmple). Enfin, l’ome aguè idèio d’escriéure vertadieramen. Fai que 5000 an e li proumié tèste escri nous venon de Mesoupoutamìo (Irac) e d’Egito. Despièi la pèiro gravado avèn passa à la pinturo e au carboun, au pergamin, à la plumo d’auco, à l’estilò biho e au clavié d’ourdinatour. La teinico de l’escrituro s’es abrivado en 5000 an coume jamai en de milioun d’annado.

________
Escrituro 

Aquéli signe escri, li trouban sus de pèiro escrincelado, sus de fueio de paumié, de pergamin, de bos, etc. Podon èstre redegi à la man o escrincela sus de grand mounumen.

Avèn de mouloun d’escrituro diferènto de la caligrafìo arabo i caratèro chinés, e japounés, en passant de l’escrituro cuneïformo, di ierouglife, dis alfabet grè o latin e autre. Cado civilisacioun, cado lengo s’inventè soun biais asata à si cresènço, à sa culturo, à soun mitan. 

Li testimòni qu’avèn retrouba, li fauguè coumprene (devina ?) e li saberu s’avisèron ansin que, 3000 an avans nosto èro, passavon deja de pacho coumercialo pèr escri, establissien si lèi e redegissien de tratat de matematico ! Pensan souvènt à la religioun, au passage de la mort mai sabien escriéure pèr l’ecounoumìo, l’amenistracioun, l’ensignamen, etc.

___________
Coumtabilisa

L’ome, es toujour parié, s’escriguè à la debuto èro mai que mai pèr coumta !

En Mesoupoutamìo, que ié trouban li tèste escri li mai ancian, s’avisan qu’aquéli tèste èron d’enregistramen d’ouperacioun coumtablo. I’a ansin de buletin de salàri, de tiero d’article chabi o croumpa, d’inventàri, de comte de revengu e de despènso priva o bèn pèr li tèmple e li palais. Tout acò fa emé la mai grando justesso de redacioun.

Lou coumerce èro facilita. Sènso internet, poudien coumerceja emé lou mounde luenchen que marcavon si proudu emé d’etiqueto, de marco de fabrico gravado, etc. Pèr eisèmple, poudèn segui li viage dis anforo, sabèn coume li terraio de la Graufesenco, proche Mihau, barrulèron liuen à l’entour de la Mediterragno, etc. Sènso reglamen de Brussello, metien deja li dato e liò de fabricacioun. Lis estrumen de countourole èron marca de sa valour d’usage, dóu liò d’emessioun.

Coume li biblioufile que meton un ex-libris dins sis oubrage, li grafiti, li sagèu de touto meno marcavon la prouprieta.

Amenistracioun

Lèu, s’avisèron que falié ourganisa la soucieta pèr viéure en bono entento. Arribè ansin uno ierarchìo que couneissien pas li proumiés ome. Quau dis ierarchìo, dis poudé, poudé pouliti e dounc amenistracioun. La civilisacioun dóu papié marca coumençavo !… Falié « enregistra » : ate publi, priva, civi, religious, tout i’èro bon. Rèn se devié perdre. Avèn ansin de countrat de vèndo, de tiero de revengu o de despènso publi, de proucès-verbau de jujamen, sènso óublida li reçu de percepcioun, li cadastre e àutri papié pèr lis impost !

Esperèron pas lou siècle XX o XXI pèr nous veni enfeta en reglamentant tout dins lou menu, emai siegue dóu doumaine priva. Aquéli founciounàri, que soulet sabien legi e escriéure, avien de poudé forço impourtant. Mai l’amenistracioun es tambèn li borno miliàri di Rouman, li calendié qu’ourganison lou tèms de cadun e nous enventon la crounoulougìo.

Lou sagèu troubè soun impourtanço que falié autentifica tout acò… 

Amenistracioun, rèn de cambia !

Coumunica…

Pèr nautre, lis escrituro anciano, es souvènt lis ierouglife, e pensan toujour à la coumunicacioun emé li diéu e li mort. Es verai qu’es souvènt lou cas e pas que pèr lis Egician.

Lis ome an toujour agu besoun d’ajudo, de soustèn. Autambèn, demandon i diéu, pièi gramacìon li diéu se soun vot a capita. Trouban proun d’iscricioun emé lou noum dóu diéu envouca e lou noum dóu demandaire. Mai li diéu soun pas soulet. Lis aujòu defunta tambèn ié mandon de message escri o bèn ramenton sa memòri, sa vido, sis obro. Tout acò, liga i rite de la mort e dóu passage, se trobo dins li toumbo o à l’entour.

Li tèste religious trasmeton la paraulo divino, la coumenton, l’esplicon e precison ço que fau faire : ceremòni, preguiero, etc. Li musulman an mai que mai desvouloupa aquéu biais de trascriéure de pertout la paraulo de Diéu (libre, paret…).

Talamen que la paraulo divino es pouderouso que, quàsi de pertout, la neissènço de l’escrituro la creson divino. Es eisa de lèu passa dóu sacra au magi, de la preguiero escricho à l’amuleto porto-bonur o medecino… 

Beileja e ensigna

L’escrituro venguè lèu un óutis magi pèr li gouvèr. En sachènt escriéure poudien enregistra li foundamento de l’ouragnisacioun poulitico d’uno coumunauta : tèste de lèi, tratat d’alianço, etc. Lis ome pouderous poudien resta dins l’istòri emé si noum marca. En Mesoupoutamìo avien enventa lou role de « la proumiero pèiro ». Ié metien dedins de clavèu pèr bèn arrapa lou bastimen e ramenta la memòri dóu bastissèire. Coumtan plus li raconte epi di bataio, li biougrafìo d’ome celèbre e autre. Li soubeiran se foundon sus l’ancianeta de sa lignado e pèr acò falié bèn que la tiero dis aujòu siguèsse couneigudo. Avien agudo l’idèio de la pub e lis emperaire rouman coumencèron de metre soun retrat sus li mounedo. Deviso, armarié, tout acò neissiguè de l’escrituro.

Un mot, uno fraso, tout simple, podon douna uno enfourmacioun preciouso. Pèr l’edificacioun dóu publi, ié prepauson de counsèu mourau o religious, souto de formo lapidàri, de massimo, etc.

Aquelo escrituro, talamen ligado à l’ecounoumìo e à l’amenistracioun, serviguè peréu à trasmetre li tradicioun, li saupre faire. Pièi li coupisto vouguèron esplica lou mounde, l’interpreta, trasmetre li mite, etc. Venguèron, plus tard, li tratat scientifi, li cant d’amour, lis obro soucamen literàri. Lou mounde en aprenènt à escriéure, de mai en mai se grouparan à escriéure si libre d’ouro que nous soun talamen precious.

Saupre escriéure fuguè sèmpre d’uno grosso impourtanço. Lis escoulan passavon d’ouro e d’ouro pèr aprene la caligrafìo, un fuble d’oubrage esplico l’art d’escriéure pièi d’estampa. Vuei, sèmblo que s’avison soulamen d’aquelo impourtantço e li jouvènt de mai en mai noumbrous sabon plus escriéure. Van pas degaia lis esfort de milié de generacioun despièi 5000 an, sai que !

Peireto Berengier




*+*+*+*



Lis escrituro couneigudo

Escrituro cuneïformo : dóu latin cuneus : clavèu, cantoun.
Enventado en Mesoupoutamìo vers 3300 av. J. C. es la mai vièio que couneissèn. Dispareiguè au siècle I.

Sièr pèr trascriéure li lengo dóu Proche-Óuriènt. Segound li lengo, utiliso d’ideougrafe (aperaqui 900 signe), un sistèmo silabi (300 signe) o alfabeti (36 signe).

Escrituro de l’Indus : 
Neissiguè.au nord-ouest de l’Indo vers 2500 av. J. C. Dispareiguè gaire après 2000 av. J. C. Es un sistèmo de pitougrafe de quàsi 400 signe. Un mistèri que cerco encaro soun Champolion.

Escrituro chineso
Li tèste li mai ancian de Chino daton dóu siècle XIV av. J. C. Aquelo escrituro sièr pèr lou japounés e lou courean. Es un sistèmo ideou-founougrafi qu’utiliso dins li 50.000 signe. Sigués rassegura, n’i’a que 3.000 d’usage courènt…

La tradicioun vòu que li Japounés escrigon à l’ourizountalo e li Chinés en autour, pamens, despièi lou siècle XX, escrivon tambèn à l’ourizountalo mai toujour de drecho à gaucho. 

Pèr li sagèu meton li signe dins un reitangle. Lis escribe fan de plen e de desliga meravihous ; l’escrituro reguliero bouto li signe precis dins un carra e l’escrituro cursivo ligo li caratèro. Li pichot, ié fau tout aprene…

Escrituro egiciano
Neissiguè vers 3200 av. J. C. dins la valèio dóu Nil. L’utilisèron quàsi fin qu’en 500 de nosto èro. Es un sistèmo ideougrafi emé de noutacioun founetico. Li signe passèron de 700 à 5000 dóu tèms di galo-rouman. 

I’avié tres meno d’escrituro :
-lis ierouglife (dóu grè ieros : sacra e glyphein : grava). Soun utilisa sus li mounumen. Li fau legi de drecho à gaucho o à la verticalo. Es de signe anima (ome, animau) que dounon lou sèns de la leituro.
- l’ ierate pèr li tèste de l’amenistracioun.e lou demouti pèr la vido vidanto que soun plus simple e mai eisa pèr escriéure sus li papirus.

Escrituro sud-arabico
Utilisado dins lou sud de l’Arabìo, entre lou siècle VII av. J. C. e lou siècle VII ap. J. C. Vèn de l’alfabet fenician e sièr pèr dous parla dóu Iemen. Es d’elo que neissiguè l’escrituro etioupiano counsounantico de 29 signe que part tambèn de la drecho.

Escrituo arabo
Espeliguè vers li siècle IV o V ap. J. C. Es un sistèmo alfabeti e counsounanti de 28 signe que part de drecho. Sièr pèr de noumbróusi lengo : arabe, persan (Iran), turc, ourdou (Pakistan) malais. I’a plusiour estile : souple, geoumetri o emé de courbo segound l’emplé.

Escrituro brahmi
Es un sistèmo silabi de 39 signe emé de ligaturo. Coumenço à gaucho. La counèisson en Indo despièi 250 av. J. C. Es à l’óurigino de l’escrituro atualo de l’Indo e di vesin : Tibet, Birmanìo, Ceilan, Sumatra, etc.

Escrituro ebraïco
Neissiguè au proche-Óuriènt au siècle X av. J. C. e se n’en servon sèmpre. Es un sistèmo alfabeti e counsounanti de 22 signe que coumençon à drecho. Sièr tambèn pèr l’aramean, e lou Yiddish.

Escrituro japouneso
La farguèron au Japoun entre li siècle VII e XI. Es un sistèmo que mesclo lou silabi e li signe diacriti emé lis ideougramo chinés. Se legis à la verticalo e de drecho à gaucho pèr la literaturo, li revisto e li journau e de gaucho à drecho pèr li tèste óuficiau o scientifi.

Akkadian :
Lengo semitico parlado en Mesoupoutamìo dóu segound au proumié milenàri avant nosto èro, pèr la diploumacìo dins lou Proche-Óuriènt. Enventado pèr li Sumerian utilisavo l’escrituro cuneïformo.

Aramean
Lengo semitico, parlado pèr li pople que vivien dins la Sirìo de vuei. Remounto au siècle X av. J. C. La parlavon encaro dóu tèms di Rouman, en meme tèms que lou grè pièi dispareiguè au siècle II. L’alfabet aramean vèn de l’alafabèt fenician. Es un sistèmo counsounanti que vai de drecho à gaucho. L’escrivon tambèn emé l’alfabet ebraï.

Punique
Lengo de l’Indo que sièr pèr trascriéure li tèste boudi.

Fenician
Lengo semitico parlado pèr li pople que restavon sus li costo de Mediterragno vers lou Liban de vuei.

Alfabet
Sistèmo d’escrituro d’un trentenau de signe que li poudèn coumbina pèr trascriéure li son d’uno lengo.

Alfabet fenician
Fuguè enventa à Biblos e Tyr (Liban) entre li siècle XIII e XI av. J. C. Dispareiguè au siècle III mai rèsto l’aujòu dis alfabet grè (e dounc cirili), etrusque (e dounc latin), aramean (e dounc ebrèu, aràbi e d’ùni dis Indo).

 Es un sistèmo counsounanti de 22 signe que se legisson en partènt de gaucho. Aquelo escrituro serviguè pèr tóuti li lengo de la regioun ounte espeliguè (lengo semitico o indo-éuroupenco).

Alfabet grè
Espeliguè en Grèço au siècle X av. J. C. Es toujour utilisa Ié caup 24 signe e envènto li voucalo. À la debuto, partié de drecho. Cambièron au siècle V av. J. C. Sièr pèr plusiour lengo : iounian, dourian, grè.

Alfabet latin
Neissiguè au siècle V av. J. C. e l’utilisan sèmpre.
À la debuto ié caupié 19 signe e coumençavo à drecho. Vuei ié caup 6 signe e se legis de gaucho. S’escriéu en capitalo o en cursivo.

Alfabet etrusque
Vèn de l’alfabet grè. Fuguè utilisa pèr li pople qu’óucupavon uno partido de l’Itàli centralo entre li siècle VII e V av. J. C. Vuei, l’an toujour pas devina. Dispareiguè au siècle I.

Li pitougramo represènton uno persouno, un animau, uno causo, uno sceno.

Lis ideougramo represènton d’idèio, de noucioun.

Li signe silabi represènton uno silabo.

Li signe diacriti (poun, acènt, etc) servon à diferencia founeticamen li caratèro.

Li signe founeti represènton un son.

Li signe lougougrafi represènton un mot.

Sistèmo counsounanti
Escrituro que i’a que li counsono que soun noutado. Li voucalo, lis apoundon en parlant.

Sistèmo voucali
Au contro dóu precedènt noto trambèn li voucalo.

Capitalo
Letro majusculo de l’alfabet latin, utilisa mai que mai pèr grava dins la pèiro.

Cursivo
Letro facho à la lèsto e simplificado. Souvènt li mot s’escrivon sènso leva lou craioun, li caratèro soun tóuti liga.

Caroulino
Escrituro emplegado dóu tèms di Caroulengian, à la debuto de l’Age-mejan. Forço eisado de legi que li letro soun tóuti desseparado e li mot tambèn.

Peireto Berengier