jeudi 1 juillet 2010

N. Dal Falco Quadretti a spiral - années 80

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Le Chat & le renard
Property N. Dal Falco



Quadretti a spirale



La guerra tra Pirano e Isola (Istria)

Partirono un giorno da Pirano con una zattera per bombardare Isola. Sulla zattera avevano montato un cannone scavato nel tronco di un fico. Al ritorno, la sera, dal molo li gridarono com'era andata; il capitano della spedizione rispose: « Tre feriti a bordo, tutto fumo .... figurarsi ad Isola».
Il comandante ha la faccia gonfia, pedicellosa; occhiali con lenti spesse, unte come la visiera del cappello. E' un tipo facondo, porta il montgomery, di storia in storia, di campanile in campanile ti racconta la costa, i paesi, le sfide.
Il nostromo, sta al timone, il suo orizzonte è la bussola; i suoi occhi scivolano continuamente dall'ago della bussola a quello del timone. Il suo viaggio non registra promontori, nè porti, nè baie ma solo numeri, comandante o primo: « Vai per 169 » - nostromo: « Uno, sei , nove».

14 giugno '86, Campo de'Fiori

Un uomo che parla italiano con accento tedesco; capelli bianchi, barba sale e pepe, non molto alto con gli occhiali e una borsa a tracolla pesante. Girando le spalle al cinema Farnese di segna con foga su di una pagina non più grande del palmo della mano, pescando in un mazzo di matite colorate.
Appare concentratisssimo e intenzionato a sbrigarsi. Per spiare il suo lavoro mi avvicino mettendomi così nel suo stesso punto di vista. Il mercato si rivela in tutta la sua carica di colori e di forme guizzanti.
Si proprio guizzanti, sotto i tendoni la luce cola come in un acquario. Nello schizzo coloratissimo sembra quasi che vi sia stato gettato dentro un pesce famelico pronto a far strage.
Le scorze rosso-nere di certi aranci sembrano ferite rapprese. Quando le addenti hanno un gusto di terra amara, di sabbia vulcanica.


Maremma.
Fichi giganti, monolitici, nei campi gialli, eucalipti che risuonano come voliere; qualche venerabile agave dalla pelle rugosa di drago. Il treno sgambetta passando accanto ad una volpe indecisa su un muretto. Al bivio di Montemerano un uomo piscia tra due fili spinati. Capannelli di pecore incastrate per farsi ombra in testa.

Via dei Coronari e dintorni.
Una strada del centro, domenica pomeriggio. Fa caldo, le persiane sono accostate. Poca gente indecisa. La luce si scioglie nell'aria come tempera.

Qualcuno immerge l'orecchio nella radiolina; una sensazione di benessere mi fa camminare con passo disteso. All'improvviso, dalle finestre di un'oratorio si diffonde un canto languido, una supplica innalzata in una lingua sconosciuta. Poi, altrettanto improvvisamente, al coro si aggiunge un tamburo e dei sonagli.
Il canto sale solenne. Chi prega nella chiesa? Sono dei preti copti, disposti in semicerchio nella penultima cappellina della navata sisnistra. Si appoggiano su dei lunghi bastoni con manico a "T"; davanti l'uomo con il tamburo li sprona ancheggiando.

J.S Bach, suite n° 2 per orchestra.
La musica barocca, archi e ottoni, è la musica del risveglio.



24 agosto '85, le api di San Romano, Puy S. Vincent.

La cappella di San Romano ha il camapnile addossato all'edificio come una freccia sull'arco, puntata contro il cielo. La cappella sporge sul ciglio della vallata e l'ombra aguzza del campanile si proietta come l'ago di una meridiana sul versante opposto, risale il bosco, il prato bruciato, il ghiaione, la roccia rossa di licheni ritagliata nell'azzurro.
Ai piedi della cappella dove la strada d'erba si interrompe davanti ad uno scoglio di granito c'è una fila di casette argentate, avvolte in un silenzio febbrile, tra partenze e arrivi che seguono i binari della luce.


12-5-'85,Sant'Ivo alla Sapienza.

Oggi ho visto l'interno per la prima volta. Mi è parso semplicemente, rigorosamente un pulpito di luce.


3 marzo '85, convento di San Francesco a Palestrina.

Poi, padre Ettore, vestito del suo lungo gembriule nero che mi faceva pensare ad un tipografo o al commesso di un negozio di tessuti, ciabattando in un paio di scarpe da ginnastica con le punte tagliate, tenendo sempre in mano la berretta gialla di lana, ci aprì la stanzetta dove aveva vissuto San Carlo da Sezze.
Il santo racconta nelle sue memorie che tra quelle quattro mura si difese dagli attacchi di diavolacci d'ogni risma. Ironia della sorte, la dentro era stata sistemata una cyclette.
Era impossibile non pensare a San Carlo seduto sopra che ìedalava come un matto, inseguito dall'orda di diavoli.


Sala d'attesa della stazione di Trieste.

Forti come Diane, gesti rapidi, decisi, visi seri, sorrisi a mezz'aria che vanno a morire sull'angolo della bocca. C'è anche Taras Bulba: faccia di cane, orecchie di cane. Le donne con i calzoni alla turca sono magnifiche, fumano a sazietà, con applicazione orientale. Tutti sono vestiti a strati come i loro pacchi.
La nonna, la madre, la zia, la moglie apparecchia: mezza pagnotta integrale, un vasetto di maionese, uno di peperoni verdi sott'olio, una salsiccia nera ricurva e mangiano tranquillamente, caschi pure il mondo, le punte dei piedi divaricate.


Alta Brianza.

Hanno attaccato delle striscioline di carta bianca sulle facciate delle case, lungo la recinzione dei giardini; passando dal paese verso sera sotto un cielo grigio e afoso hai l'impressione di attraversare una cittadina bombardata con brandelli di tende alle finestre.



Nicola Dal Falco

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