Due re
di Nicola Dal Falco
Ciò che ora nasce era in eterno e sarà dopo. Non la vampa, ma il suo riverbero.
Non la bellezza sfolgorante del giardino di rododendri, roseto del buon re, ma l’enrosadira, traccia che appare e scompare del tempo felice.
La storia dei due re ripete ossessiva l’arrivo al bivio, quando il tempo biforca e un’età cede alla successiva.
Quel bivio, concretissimo e sfuggente, rappresenta anche la sottile divaricazione che esiste tra l’essere e l’immagine.
Prima della parola, è l’immagine a servire la potenza del ricordo.
Viveva, quindi, un re nel suo Paese, specchio l’un l’altro di giustizia. Un regno che poteva dirsi, oltre ogni ragionevole dubbio, felice, perché privo di timori.
Fino ai confini appariva come un giardino: un giardino di rododendri su cui brilli l’oro rosso della pace.
Pienezza di colori e pienezza d’intenti non permettevano a nessuno di riflettere troppo all’esistenza di questo posto perfetto.
Quelli che ci vivevano non sentivano il bisogno di fare confronti così che i giorni scorrevano indivisi. E forse, ad essere precisi, era sempre lo stesso giorno a non tramontare.
Solo chi fosse giunto da fuori avrebbe subito tutta la malia del giardino.
Cosa che puntualmente avvenne, senza che vi si potesse porre rimedio.
Qualcuno, passando tra i monti, lo vide e corse a raccontarlo.
Da quel preciso istante, il giardino di rododendri iniziava a vivere una vita parallela, scivolava nelle
spire del tempo scandito, nell’ora che fa da misura allo spazio.
Un altro re volle conoscerlo e si mise in marcia per conquistarlo.
Il regno era impreparato all’invasione, all’idea stessa di possesso e si arrese quasi senza combattere.
Sconfitto, il re giusto se ne andò in esilio. Cercò un possibile altrove, ma dopo aver vagato per qualche anno tornò su i suoi passi.
Quando giunse a portata di sguardo, vide il bagliore del roseto e capì che quel segno di beatitudine era tra le cause della rovina.
Con un ultimo atto regale, trasformò l’opera nel suo riflesso, lasciando che l’incanto del giardino di rododendri, impietrito e sparito per sempre, restasse vivo appena si fa sera.
Allora, brevissimamente, corre per le cime dei Monti pallidi un incendio senza fumo e anche chi non contemplò mai il roseto può immaginare di che colore fosse la terra della pace.
Il bivio tra l’età dell’oro e l’età del ferro, la storia dei due re, non è solo una parabola che dà vertigine al tempo. Non riguarda esclusivamente il fato, l’alternarsi e il dispiegarsi dei cicli. Ha pure a che fare con la condizione umana, il destino di ognuno.
Come il ricordo del roseto colora periodicamente i monti, alimentando la nostalgia del paradiso perduto, così il periodico incontro con il re di Salem e di Gomorra ripropone la scelta capitale, il bivio tra la via di giustizia e la via che consegna se stessi e gli altri al potere di questa terra e di questo tempo.
Miti ladini delle Dolomiti
Enrosadira
di Nicola Dal Falco
con le glosse e il saggio
Le rose del ricordo di Ulrike Kindl
Istitut Ladin Micurà de Rü
HYPERLINK "http://www.micura.it" www.micura.it
Palombi Editori
HYPERLINK "http://www.palombieditori.it" www.palombieditori.it
Roma – 2014
Pagine 165
euro 15
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