Incontro a Palazzo Tori di Camaiore, giovedì 17 gennaio, ore 15
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Donna e dea madre, mito, archeologia e psicanalisi
Una mostra e un libro raccontano l’immaginario
Donna e dea madre, mito, archeologia e psicanalisi
Una mostra e un libro raccontano l’immaginario
mitico femminile
Camaiore – La mostra La donna e la dea madre nell’archeologia del Mediterraneo, organizzata a Palazzo Tori in collaborazione con gli studenti della IV A e B del Liceo artis tico Stagio Stagi di Pietrasanta, coordinati dai professori Claudio Marchetti, Katia Chicchi e Anna Torcigliani offre l’occasione per mettere a confronto alcuni miti mediterranei, la letteratura e la psicanalisi.
Durante l’incontro, promosso dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Camaiore, dal Civico Museo Archeologico, dal Dipartimento di Salute Mentale della Versilia con la partecipazione delle Associazioni dei familiari dei pazienti sarà presentato il libro Miti ladini delle Dolomiti Ey de Net e Dolasíla di Nicola Dal Falco, edito dall’Istitut Ladin Micurà de Rü e da Palombi Editori.
Il volume, con le glosse e il saggio Raccontare le origini di Ulrike Kindl, germanista dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, rilegge e riscrive i racconti frammentari, sedimentatisi nelle Dolomiti e incentrati su una visione del mondo basata sull’alternarsi dei cicli dove la protagonista assoluta è la dea lunare nei suoi tre aspetti di luna crescente, luna piena e luna nera.
Le vicende di Occhio di Notte e di Dolasíla come di Tsicuta e Spina de Mul andrebbero, per ragioni antropologiche, iconologiche e poetiche, inserite nell’ambito di un contesto più antico e mediterraneo anziché medievale e germanico come aveva pensato Karl Felix Wolff all’inizio del Novecento.
Durante l’incontro, promosso dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Camaiore, dal Civico Museo Archeologico, dal Dipartimento di Salute Mentale della Versilia con la partecipazione delle Associazioni dei familiari dei pazienti sarà presentato il libro Miti ladini delle Dolomiti Ey de Net e Dolasíla di Nicola Dal Falco, edito dall’Istitut Ladin Micurà de Rü e da Palombi Editori.
Il volume, con le glosse e il saggio Raccontare le origini di Ulrike Kindl, germanista dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, rilegge e riscrive i racconti frammentari, sedimentatisi nelle Dolomiti e incentrati su una visione del mondo basata sull’alternarsi dei cicli dove la protagonista assoluta è la dea lunare nei suoi tre aspetti di luna crescente, luna piena e luna nera.
Le vicende di Occhio di Notte e di Dolasíla come di Tsicuta e Spina de Mul andrebbero, per ragioni antropologiche, iconologiche e poetiche, inserite nell’ambito di un contesto più antico e mediterraneo anziché medievale e germanico come aveva pensato Karl Felix Wolff all’inizio del Novecento.
Dopo i saluti di Veronica Cortopassi, Assessora alla Cultura del Comune di Camaiore e di Mario Di Fiorino, primario del Dipartimento di Salute Mentale della Versilia, che hanno reso possibile questo incontro tra linguaggi che attingono al mito, spetterà a Stefania Campetti, responsabile del Civico Museo di Camaiore di introdurre il tema della serata.
Sarà, invece, Daniela Toschi, psichiatra e dirigente medico, a stabilire i punti di contatto tra le figure delle storie narrate e l’indagine psicologica con un intervento dedicato a La dea forclusa: il “non detto” della regina dei Fanes e la caduta di Dolasíla mentre la scrittrice Marisa Cecchetti si occuperà della Parola lieve del mito.
Durante l’incontro verrà proiettato il video I tre colori della dea di Andreas Linder :
«Ci fa molto piacere essere coinvolti in iniziative che nascono nel nostro territorio e che hanno un notevole spessore culturale – sottolinea il professor Mario Di Fiorino, primario del Dipartimento Salute Mentale Azienda USL Versilia - questa mostra del Civico Museo Archeologico di Camaiore è particolarmente interessante, mostrandoci aspetti poco conosciuti delle radici della cultura mediterranea.
«Il mito e l'archeologia inevitabilmente coinvolgono noi psichiatri, da sempre interessati a tutto ciò che è profondamente umano».
«Per dare alle storie ladine la veste letteraria che meritano – mette in evidenza Daniela Toschi, psichiatra, dirigente medico - Nicola Dal Falco decostruisce, con decisione, la ricostruzione che di esse aveva fatto Wolff tra Ottocento e Novecento. Quindi, per ricostruirle di nuovo senza tradire gli elementi originari così messi in luce, si è immerso in quell'aurorale contatto col mondo da cui, secondo Cesare Pavese, nascono i miti.
«È all'età del bronzo che risalirebbe il materiale primigenio delle saghe dei Fanes, e del bronzo conserva i bagliori, ma l'autore non trascura di valorizzare, quando è necessario, anche le impronte che le sferzate del tempo hanno lasciato sulla duttile materia del mito. Che, inevitabilmente, ci rimanda parti di noi, attualissime.
«Si tratta talora di ricchi frammenti, talora di racconti labirintici, attraverso i quali l’autore ci guida alla ricerca degli eterni del mito, che poi sono gli eterni della condizione umana. La lettura è sorprendente, mai definitiva.
«Le glosse e il saggio finale di Ulrike Kindl conferiscono valore di verità al mondo stupefacente (luoghi, personaggi, avvenimenti) che ci viene presentato».
«Dal Falco avvicina il suo linguaggio, talora narrativo, talora rarefatto e lirico, a quello concreto della Kindl – commenta Marisa Cecchetti, scrittrice lucchese - aggirandosi con disinvoltura dentro la leggenda.
«Il mito, il simbolo, gli permettono di andare oltre la realtà, e lui dimostra di subirne tutto il fascino».
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